LA “NAPOLI SU DUE LIVELLI” NELLE FOTOGRAFIE DI STEFANO RENNA (LIBRO VIDEO E MOSTRA)
La “Napoli sotterranea” che nessun turista vorrebbe visitare
Napoli, città cartolina europea degli ultimi decenni, città storica dominata da re di mezza Europa fondata da greci di fronte alla grazia estetica più pura, sul Monte Echia. Gli occhi perduti a contemplare come in sogno lo splendido golfo. Poco oltre, ecco il profilo dell’isola di Augusto e Tiberio così inconfondibile e antica. Un mondo di meraviglie tra le dita. Un territorio da sempre ambito per la sua bellezza e fertilità, dove neanche il timore che suscita il vulcano che condannò Pompei ed Ercolano e che la domina da sempre è mai riuscito a dissuadere gli uomini dal risiedere qui o dal cercare di “possedere” questa terra. Città difficile e spesso ingrata, sia per gli antichi che per i moderni, madre arcigna, che ha costretto nel secolo scorso ad un esilio forzato migliaia e migliaia di suoi figli. Citta bifronte, un Giano di pietra e sudore, che oggi cerca di apparire incessantemente per ciò che non è. Nel bene e nel male. Napoli su due livelli, costruita con il tufo scavato dal suo sottosuolo e che ora poggia più che simbolicamente, su di un ventre vuoto. Napoli misteriosa, che cela i suoi segreti, così come nasconde e oblia le realtà umane che la compongono e che sono come tante ferite putride e sanguinanti. Napoli capoluogo che mostra orgoglio e cultura e poi esplode improvviso in una bomba d’ immondizia che la sommerge. Un ordigno sempre innescato e di natura oscura la tiene costantemente sul filo del rasoio. Da dove arriverà il prossimo colpo ?
Napoli umanità disumana, dove chi più lotta con la vita è costretto a scendere sempre di più in profondità nei suoi celati intestini. Napoli come la Parigi di Hugo, ma i suoi “miserabili” hanno perso oggi perfino l’umanità dei sepolti vivi delle cloache della capitale francese immaginati dal grande scrittore.
Per questo motivo, per riscoprire queste vite celate, questa “Napoli sotterranea” che nessun turista vorrebbe mai visitare è importante un lavoro fotografico svolto in decenni sul territorio. Le Immagini ritraggono in questo lavoro come in una galleria del grottesco, vite marginali, ma non criminali, come ampiamente propagandato dai tanti che si affrettano oggi a separare il nostro mondo tra buoni e cattivi. Vite che sfuggono a tutte le valanghe di luoghi comuni sul crimine e la città e a tutte le definizioni scontate sulla miseria di Napoli che abbiamo sentito in questi ultimi anni. Vite negate e a rischio, perché certo dalla disperazione e dall’ignoranza ereditaria, nascono anche comportamenti anti-sociali disparati e disperati. Guardando a queste esistenze segrete si comprende bene la fondamentale importanza della casa. La casa è esigenza primaria degli uomini, e la casa deve essere luogo di riparo e conforto, un luogo di cui perfino Gesù di Nazareth, si scrive nel vangelo di Luca, soffriva la mancanza e cui anche gli animali hanno diritto. Non questa gente. Per possedere una “casa”, un tetto, un’intimità, e quindi una vita, queste persone tormentate hanno cercato rifugio nelle situazioni più impensabili. A Napoli si vive e si dorme, si mangia e si va al bagno, si fa l’amore e si crescono i bambini, in scantinati bui e isolati, sottratti oggi perfino all’antica vita sociale del vicolo e del basso. Da sempre il mondo esterno s’ indigna e si scandalizza della realtà storica dei bassi napoletani, ma queste immagini dimostrano che noi, società che storicamente doveva porre fine all’orrore dei bassi, siamo riusciti invece a creare realtà ben più terribili. Nei vicoli dei bassi, infatti, il condividere destino e spazio, per la povera gente, ha sempre prodotto oltre alla necessità di delinquere, anche inattese e fondamentali catene solidali che permettevano spesso l’umanizzazione e l’integrazione nel tessuto sociale di queste frontiere cittadine. La realtà di oggi, è invece ben più drammatica dell’antica esistenza del vicolo. Gli scantinatisti del Rione Traiano, o i sepolti vivi di Scampia tra immondizia ed escrementi, sono il segnale che la vita del basso è un lusso per certe persone. Per la madre che vive sola con il figlio venditore di bottigliette d’acqua allo stadio, e che cucina e va al bagno nello stesso ambiente di un metro per uno, o per intere famiglie che occupano abusivamente luoghi che non sono destinati nemmeno allo stanziamento di merci, perché deperirebbero. Gente che vive senza acqua, senza luce, senza servizi. Mentre nei nostri canali televisivi pubblici e privati la “solidarietà” cerca fondi per i bambini africani, con spot dall’effetto emotivo colpevolizzante, questa gente, che non è certo così lontana, non merita nemmeno la nostra empatia, il nostro dolore, né alcun aiuto concreto. Sono i sepolti vivi della città. Quelli già dati per morti. I nostri Zombie.Ciò è segnale evidente dell’ inguaribile schizofrenia della nostra società, che si immagina buonista e collaborativa verso le piaghe del mondo solo se queste non gli forniranno “fastidi” . Pochi soldi a un bambino lontano sono balsamo per sentirsi buoni senza coinvolgimenti, per “aiutare” senza sentirsi addosso la puzza, il sudore, la malattia, il dolore, il pianto. La nostra solidarietà ridicola è solo un trucco per autoassolversi senza esser coinvolti. Un luogo lontano val bene il nostro denaro ma sotto le nostre case a Napoli c’è molta più Africa di quello che ci piacerebbe pensare.E’ troppo vicina però, per meritare il nostro aiuto. E’ un bene che resti sepolta. “Napoli sotterranea”, oggi anche questo nasconde. Nasconde il fallimento di sessant’anni di politica sociale, il fallimento di un numero infinito di amministrazioni. Nasconde la nostra vergogna, perché se questa gente spesso conserva ancora dignità, il loro stato di totale indigenza ne sottrae a noi stessi. La loro incredibile miseria ci smaschera, ci offre lo specchio oscuro in cui non vogliamo ritrarci. Nel momento in cui il paese ruba gli ultimi benefici sociali ai più derelitti e cala l’accetta sulle magre finanze della restante classe media, i poveri di Napoli, già i più poveri di Europa, divengono ancor di più un segno inquietante dell’ assurda disparità nella distribuzione delle risorse, della fondamentale ingiustizia sociale e umana che stiamo vivendo oggi nella “civile” Europa. Ma Napoli è ancora Europa? E fino a quando ? La sua gente sopravvive ancora ma presto nessuno avrà più nemmeno la volontà di rappresentarne l’esistenza. Sarà obliata, e loro stessi non per molto divideranno con noi confini umani che possiamo condividere e comprendere. Scompare già oggi, infatti, nelle cloache ottocentesche di un antico romanzo mentre il mondo moderno li condanna senza ragione e li dimentica. Secoli passano veloci sulle loro spalle e sulle nostre mentre chi dovrebbe e potrebbe agire ancora non comprende e accetta, accecata dall’egoismo, che, come ha sottolineato in una sua recente intervista, il noto Psicologo Britannico Simon Baron Cohen : “ Le persone non devono guadagnarsi il diritto alla vita contribuendo allo sviluppo della società; le persone hanno diritto di vivere, punto.”Marco Salvia
EN
(Under Naples) Just the signs of the recent past, left by thousands of Neapolitans who lived in the underground, have created the conditions in which those who struggle more with the life are forced to fall more and more in depth (Under Naples), not marginal , not criminals lives; lives that defy all the avalanche of clichés about crime and the city and all the definitions discounted on the misery of Naples we have heard in recent years. Denied lives, which also explain this act, because the most disparate and desperate social behaviour comes out of desperation itself. Under Naples you can live and sleep, eat and go to the bathroom, make love and grow babies in basements dark and isolated, removed even the social life of the alley. The shared destiny and space, for the poor, has always created, not only the need to commit a crime, but also bonds of solidarity that allowed the humanization of these borders. The “scantinatisti” (people living in basements) of Traiano Quarter, or buried alive people in Scampia between garbage and excrement, are a sign that life is a luxury for some people, for the mother who lives alone with her son vendor water bottles at the stadium, for the entire families squatting places that are not even intended for the storage of goods, no water, no light, no services. For this reason, to discover these hidden lives, this “underground Naples” which no tourist would like to visit it is important to make a photographic work to know the places of survival which still exist and denounce by photos the inertia of institutions.